martedì 27 novembre 2018

Giornata Nazionale degli Alberi

Vi racconto



Cari figli miei, ogni nervatura del mio tronco, ogni ago dei miei grandi rami ha sentito, ha respirato e vissuto emozioni, dolori, gioie del popolo calvellese. Quante volte, nel corso degli anni, ho visto innamorati sedersi sotto la mia grande chioma e sussurrarsi dolci parole d'amore...quante volte le grida dei più piccoli hanno riempito l'aria di gioia, purezza e spensieratezza...quante volte ha soffiato il vento della morte, che inesorabilmente ha strappato uomini e ho sentito il pianto inconsolabile di chi rimane. Se ripenso al passato, come non ricordare i colpi di fucile, che riecheggiarono in quel dicembre del 1821, quando nove uomini valorosi, che credevano nella libertà e nella Patria sono caduti come spighe di grano falciate dallo straniero...la vita non era semplice...per la maggior parte dei calvellesi, vivere significava sottostare al potere di un sovrano... Come non ricordare i briganti, uomini colmi di coraggio e privi di paura, che si ribellavano al potere e al dominio e che conducevano   una vita fatta di stenti.  Abitavano le foreste per rimanere nell'ignoto in modo da non poter rivelare i loro volti cupi e cavernosi...e molto spesso le mie radici hanno accolto i loro corpo oramai esanime... e come posso dimenticare le guerre ...le guerre con bombe distruttive che hanno raso al suolo città come, Potenza, Maratea e Lauria. Anche qui la miseria faceva da padrona... mamme che piangevano i propri figli partiti al fronte. Il mio cuore antico era sconsolato e triste... Ricordo che molti uccelli spaventati annidarono sui miei poderosi rami, raccontandomi l'orrore degli eccidi. Nel 1945 finalmente l'incubo si concluse. Non risuonavano più nelle strade le urla delle donne disperate, per la morte dei mariti o dei figli, ma ricominciare non è stato semplice. Sento ancora il sudore della gente che lavorava questa terra aspra e amara, la voce delle donne che al fiume, anche d'inverno, dovevano lavare la biancheria e la piccola campana che spesso annunciava la morte di un bambino. Tante volte, a causa della situazione difficile, ho visto partire I figli di questo paese con facce tristi e fredde, lasciando le proprie famiglie abbandonate a se stesse, cercando fortuna e lavoro al di fuori della propria terra. Le loro valige di cartone erano stracolme dei loro pochi affetti personali, ma avevano tantissimi ricordi, e i canti disperati delle loro madri risuonavano nell'aria. Il fiore della loro gioventù era partito verso paesi lontani e sconosciuti, come Germania, Svizzera, Francia. Lì, quel fiore, a volte fu deriso e umiliato, ma spesso ha mostrato tutto il suo orgoglio e si è fatto spazio mettendo radici . Subito dopo la tempesta, arriva il sereno...ed è proprio negli anni '70 che la vita riaffiora e cambia totalmente, lasciandosi alle spalle quelle facce fredde e tristi, sostituendole con sorrisi caldi e solari...ed è proprio in questi anni che i calvellesi curiosi scrutavano i primi maggiolini, in alcune case arrivano prepotentemente i primi televisori e la sorpresa di vedere delle immagini animate in una “scatola”... Dopo un lungo periodo di pace, le mie profonde radici hanno tremato lentamente e poi sempre più forte come una tempesta  in un mare aperto. La terra ha mostrato la sua profonda ferita e ricordo ancora i miei amati calvellesi, che con terrore scappavano come un formicaio che si disperde velocemente all'arrivo di un predatore. Ricordo le case spazzate come foglie al vento, ricordo il pianto dei bimbi che correvano tra gli immensi brandelli di muro. E poi silenzio... tutto taceva, non si sentivano i bambini piangere, le mamme scappare, né il cinguettìo degli uccelli sulle mie braccia. Mi sentivo solo, sperduto, come un bambino in un campo di morti. Ero spaventato, ma io e i superstiti avevamo voglia di vivere, i nostri cuori volevano vivere; infatti  sono ancora qui, tra i miei piccoli figli, a raccontare la mia triste storia. Oggi, a volte, le persone non guardano la bellezza dei miei rami, dei miei aghi, del cielo o della natura; perchè spesso i loro occhi sono rivolti verso uno schermo. Spesso, a causa dell'inquinamento, noi non riusciamo a purificare l'aria, come dovremmo fare. E diminuiamo sempre di più a causa del cemento e delle case, che prendono il nostro posto. Questi grandi periodi storici che hanno lasciato il segno sono passati sul mio tronco, sulla mie fronde, sui miei aghi come un branco di cavalli selvaggi... e hanno accompagnato la mia crescita. Ed io sono rimasto qui tutti questi anni ad assistere ad ogni nascita e ad ogni morte. Ho sempre pensato di essere stato più fortunato di ogni altro albero, perché ho affondato le mie radici in una terra di valori, di emozioni, ricca di sentimenti e di tradizioni, Terra a me tanto sacra...spesso gli uomini sbagliano, quando non hanno alcun rispetto per noi alberi, ci danno per scontati, o semplicemente ci considerano elementi di un paesaggio…… senza sapere o capire che la loro storia si intreccia inevitabilmente con la nostra. Oggi, voi piccoli figli miei metterete le radici in questa terra. Vi ho raccontato la mia storia, affinchè siate testimoni e un giorno possiate tramandarla anche alle nuove generazioni; perché solo chi ha radici profonde può superare qualsiasi avversità.

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